L’istruzione pubblica è ormai uno dei bersagli principali dei governi di tutto il mondo. “Nella maggior parte degli Stati” scrive il New York Times “oggi sono le tasse universitarie e non i finanziamenti pubblici a coprire quasi tutte le spese”, quindi “l’età in cui tutti si potevano permettere di frequentare l’università con un sostanzioso contributo da parte degli Stati è probabilmente finita”. “Si sta passando dall’idea che l’istruzione superiore sia un vantaggio per il paese all’idea che a beneficiarne siano solo le persone che la ricevono, che quindi devono pagare i conti”, spiega Ronald Ehrenberg, membro del consiglio d’amministrazione dell’università di New York. Gli studenti però si fanno sentire e scoppiano proteste in molti paesi: Gran Bretagna, Canada, Cile e Taiwan.
Ma dove ha origine questo dissesto? Secondo Martin Wolf, commentatore del Financial Times, la causa principale va ricercata in “un settore finanziario fuori controllo che sta divorando l’economia di mercato moderna dall’interno”. Insomma, si direbbe che questo “fallimento voluto” (come lo definisce l’Economic Policy Institute) non sia altro che una scelta di classe. In questo modo si spiegherebbe l’incredibile successo per chi lo ha progettato, come rivela la smisurata concentrazione di ricchezza nelle mani dell’1 per cento più ricco della popolazione. Come sosteneva Adam Smith, “i padroni dell’umanità” applicano sempre la loro “vile massima”: tutto per loro e niente per gli altri. Quando si tratta di soldi e potere, questi squali di Wall Street non si fanno scrupoli. D’altronde, secondo il filosofo Ralph Waldo Emerson, “ogni paese conta migliaia di elettori che vanno educati se si vuole evitare che si ribellino”, ma bisogna educarli nel modo giusto: limitare la loro comprensione e portarli all’obbedienza.
Circa quarant’anni fa è partita una vera e propria crociata per le privatizzazioni, a causa del fallimento delle istituzioni responsabili “dell’indottrinamento dei giovani”. Tutto questo comporta il trasferimento e il controllo di queste istituzioni “in mani affidabili”. L’aumento delle tasse universitarie è un ottimo espediente, costringe gli studenti ad indebitarsi per anni e a dipendere dai privati. L’istruzione dovrebbe essere un filo conduttore che gli studenti seguono a modo loro, sviluppando la propria creatività ed il proprio modo di pensare. Pensiamo però a quello che succede oggi: studenti che si riempiono di nozioni, che si dimenticano facilmente, e finalizzati soltanto agli esami e ad obiettivi poco ambiziosi. Tutto questo distrugge l’interesse degli studenti, cercando di farli rientrare in un modello facilmente controllabile. Ricordiamoci che l’istruzione dovrebbe essere utile, partecipata, ma soprattutto libera.